The Origins and History of Consciousness

Recensione

Erich Neumann (1905-1960) è stato un grande psicologo e psicoanalista tedesco. Supervisionato durante la sua formazione e, dunque, profondamente influenzato dalla psicologia analitica di Carl Gustav Jung, né forse dopo quest’ ultimo divenuto il maggior esperto. Neumann fu anche grande amico dell’analista, anch’esso junghiano, Gerhard Adler (1904-1988) a dimostrazione della sua capacità di tessere relazioni creative. Una delle sue conferenze su Eranos del 1948 “L’uomo mistico”, descriveva perfettamente l’essenza intellettuale di cui era capace Erich Neumann : il potere del “Grande individuo” di determinare un cambiamento culturale radicale. Il riferimento era ovviamente al suo maestro Jung come al mistico che con il suo lavoro riunisce, “le parti che sono state separate dalla divinità”. Infatti, il suo testo più famoso, The Origins and History of Consciousness, una vera e propria Summa della coscienza, la cui prima pubblicazione è del 1949 con il  titolo Ursprungsgeschichte des Bewusstseins con l’ Editore Rascher Verlag. Qui Neumann ha tentato di costruire, con un approccio teorico-filosofico, una teoria evolutiva della coscienza in cui la storia dello sviluppo psichico individuale coincida con la storia dello sviluppo psichico collettivo dell’umanità, è questo sarebbe dovuto al percorrere comuni stadi archetipici. In pratica un tentativo di associare le tappe dello sviluppo individuale con quelle della storia della coscienza nell’umanità. La teoria di Neumann è, per certi aspetti, simile a quanto espresso da Stanley Hall (1846-1924) nella “legge della ricapitolazione”, ovvero un pensiero che vede l’uomo evoluto in base ai dettami presenti nei geni, in parallelo con il decorso della storia umana e con caratteri immutabili ed universali che appartengono all’ inconscio dell’umanità, gli archetipi, e quindi alla mitologia della creazione e ciò che ne è conseguito. In particolare, il bambino, nel suo comportamento ludico non farebbe altro che ripercorrere i comportamenti che hanno caratterizzato l’umanità nelle fasi iniziali della storia evolutiva : lotta, caccia, esplorazione. Il compito di Neumann è stato arduo in quanto il concetto junghiano di archetipo da lui ripreso, per sua stessa natura, non possiede una storia evolutiva soggettiva. L’archetipo non si evolve mai, altrimenti non sarebbe un’istanza in grado di riportare a quel concetto in qualsiasi tempo venga proposta. Ma del resto, quella di Neumann, è anche una teoria che si basa sul modello del pensiero biogenetico di  Ernst Haeckel, il quale aveva influenzato lo stesso Hall e secondo cui lo sviluppo di ogni singolo embrione ripercorrebbe le tappe evolutive che hanno portato all’ evoluzione della specie. Una sorta di “come nel grande così nel piccolo” di certe teorie che girano nel mondo della filosofia ermetica. Dunque psichico e biologico sembra che seguano lo stesso ordine di evoluzione. Neumann  ha elaborato una storia della coscienza ritenendo che i primi miti tramandati dalle popolazioni umane, come ad esempio quello della Grande Madre, costituiscano le prime manifestazioni culturalmente condivise della coscienza. Questa stessa, prima ancora di essere un costrutto individuale con funzioni di monitoraggio e controllo, ma soprattutto di consapevolezza metacognitiva, sarebbe il frutto di un processo di co-costruzione condivisa a livello familiare e collettivo della specie umana. In altre parole, secondo Neumann, la coscienza emerse dall’inconscio collettivo e dalle prime “immagini primordiali” che fornivano una spiegazione del mondo e degli istinti umani. I diversi archetipi che si pongo alle fondamenta della cultura umana si troverebbero tra loro in una relazione organica, quasi biologica, ed in grado di favorire la crescita della coscienza collettiva e di quella individuale. Gli archetipi, dunque, oltre ad avere un significato culturale, hanno anche dei risvolti storici, poiché rappresentano i primi tentativi di fornire una “grammatica” al pensiero umano, una simbologia che parli e soprattutto comprenda il linguaggio immaginale, ma non sono soggetti ad evoluzione come invece può essere la coscienza. Neumann sosteneva che l’indagine storico-scientifica della coscienza e, dunque, anche quella attuale operata dalle moderne neuroscienze, dovrebbe partire dagli aspetti transpersonali e solo successivamente focalizzarsi sull’emersione della coscienza individuale e delle sue funzioni. In quest’ottica, la coscienza emerge tramite degli “stati mitologici” che iniziano con i miti della creazione, tra cui rientrano il mito della Grande Madre, il mito dell’Uroboro e il Principio degli Opposti. Interessante sarà un successivo tentativo di associare  questi stati mitologici con gli stati alterati di coscienza. Secondo Neumann, le fasi mitologiche nell’evoluzione della coscienza iniziano con la fase in cui l’ego è contenuto nell’inconscio. Quindi il primo ciclo del mito è il mito della creazione, la proiezione mitologica del materiale psichico che prende forma come, appunto, mitologia della creazione. Il mondo e l’inconscio predominano e formano l’oggetto del mito, mentre l’ ego e l’ uomo sono ancora nascenti e la loro nascita, sofferenza ed emancipazione costituiscono le fasi del mito della creazione. Il secondo ciclo del mito della creazione rappresenta  il mito dell’eroe, dove l’ego, la coscienza e il mondo umano prendono consapevolezza di sé e della propria dignità e natura. Secondo Neumann in  principio esiste una perfezione originaria che può essere solo descritta simbolicamente, poiché è caratterizzata da una natura che sfugge a qualsiasi descrizione che non sia mitica, perché ciò che rappresenta è tutto ciò che esiste prima di ogni nascita di ego. Questa è la motivazione dell’ utilizzo del simbolo nella fase dell’ infanzia della coscienza o alba della storia dell’uomo se preferiamo, la cui caratteristica più sorprendente è la molteplicità di significati, il suo carattere indeterminato e indeterminabile nell’oceano dell’inconscio. L’ autorappresentazione dell’alba della storia umana può essere vista dalla sua descrizione simbolica nel rituale e nel mito, dove sono presenti immagini che salgono dalle profondità dell’inconscio e si rivelano all’ ego. Neumann descrive  molto bene questa fase identificandola come elemento che si  proietta mitologicamente in forma cosmica e che rappresenta, a suo avviso, la stessa mitologia della creazione. Dunque tutte le storie mitologiche della creazione del mondo iniziano con il mondo esterno, poiché il mondo e la psiche sono ancora una sola cosa. Non c’è ancora alcun riflesso o un ego autocosciente che potrebbe riferire qualsiasi cosa a se stesso, cioè riflettere su se stesso e vedersi separato dell’inconscio. Nella mitologia della creazione la psiche è ancora identica e non separata dal mondo; si conosce lei stessa come mondo e dentro il mondo e sperimenta il proprio divenire come un divenire del mondo ed i propri contenuti. La coscienza si manifesta come luce in contrasto con l’oscurità dell’inconscio e questa  risulta l’ “oggetto” della creazione in senso mitologico. Quindi si passa dal mito della creazione alla coscienza mitologica nella la realtà soggettiva, alla formazione dell’io e dell’ individualità. Questo sviluppo, questa coscienza mitologica è considerata come l’inizio del mondo, è la venuta della luce, senza la quale nessun processo del mondo esteriore potrebbe esistere. Un mito che rappresenta come ogni essere umano nato proviene da un grembo materno, da una sfera chiamata utero. Tutta la mitologia dice più e più volte che questo grembo è solo un’immagine, il grembo della donna è solo un aspetto parziale del simbolo primordiale del luogo di origine da cui tutti gli esseri umani provengono. Questo simbolo primordiale sferico che rappresentata ovviamente la terra e l’utero significa tante altre  cose contemporaneamente: non è sono un contenuto o una parte del corpo, ma un mondo cosmico dove molti contenuti si nascondono e hanno la loro essenziale dimora. Qualsiasi cosa grande e avvolgente che contenga, avvolga, protegga, conservi e nutra tutto ciò che è piccolo appartiene al regno matriarcale primordiale. In confronto a questo uroboro materno, la coscienza umana si sente in uno stato embrionale, poiché l’Io si sente completamente contenuto in questo simbolo primordiale.

 

 

 

 

 

 

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